Imparare le lingue recitando. Apprendre une langue grace au théâtre

(Article en français en bas)

Finalmente, dopo due anni di pandemia, a febbraio 2022 sono tornata a recitare su un palco, anche se piccolo e con poca gente per via delle ancora vigenti restrizioni.

Ho iniziato qualche anno fa a frequentare i corsi di teatro francese dell’Institut Français Centre Saint Louis di Roma e ora del Théâtre Français de Rome (svolti sempre presso il Centre Saint Louis) perché sentivo la necessità di avere un pizzico di Francia qui a Roma, di parlare francese anche fuori l’ambiente lavorativo e soprattutto, avere amici francesi a Roma. https://www.facebook.com/theatrefrancaisrome/

Ho scoperto che recitare in lingua è affascinante ma anche molto istruttivo. I miei maestri di teatro mi dicono sempre che per riuscire a trasmettere un messaggio e delle emozioni devi sentire ciò che dici. Se poi questo messaggio è in una lingua diversa dalla tua lingua madre, ciò presuppone un livello di conoscenza della lingua tale da poter andare oltre il testo, sentire dentro le parole che vengono pronunciate e trasmettere il messaggio che si nasconde dietro di esse.

Questo è un percorso linguistico che consiglio a tutti coloro che stanno apprendendo una lingua. È un esercizio che permette anche molto di lavorare sui ritmi del parlato che sono diversi da lingua a lingua ma soprattutto di sedimentare la lingua non nella nostra testa ma nella nostra pancia.

Questa volta ho avuto anche la possibilità di fare un piccolo adattamento dall’inglese al francese, avendo portato sul palco una scena tratta dalla sitcom statunitense Seinfeld. È stato bello cercare di rendere il testo in un francese che potesse far ridere il pubblico.

In questa battuta, per esempio, non eravamo sicuri di come rendere il “All right, all right” inglese in un francese naturale e non artefatto. La battuta per come è scritta è così inglese che non sapevamo proprio come renderla al meglio. Alla fine, abbiamo optato per modificarla leggermente e non tradurla letteralmente.

È un universo affascinante che spero poter esplorare sempre di più. Per il momento mi godo le emozioni che il teatro e il francese mi fanno sentire.

En fin, après deux ans d’absence, en février 2022 me voilà de retour sur scène et en français, grâce aux ateliers de théâtre de l’Institut Français Centre Saint Louis de Rome avant et mainteant du Théâtre Français de Rome. Petite salle, pas beaucoup de monde dû aux restrictions encore en vigueur, mais beaucoup d’émotions. https://www.facebook.com/theatrefrancaisrome/

J’ai décidé, il y a quelques années, de faire un cours de théâtre en français car en aimant le théâtre, j’avais besoin d’un peu de France ici à Rome, connaitre des français qui habitaient à Rome et de parler la langue dans ma vie de tous les jours au-delà du travail.

Je me suis bientôt rendu compte que jouer dans une langue qui n’est pas ta langue maternelle est un exercice formidable. Mes professeurs de théâtre me disent toujours de sentir les mots qu’on prononce et que si nous sentons des émotions le public va probablement les sentir aussi. Pour pouvoir donc transmettre des émotions et des messages dans une langue étrangère, Je croix qu’il faut au départ connaitre la langue assez bien pour aller au-delà des simples mots et leur donner vie en transmettant des sentiments. Ne pas penser la langue mais la sentir.

Faire du théâtre en langue est quelque chose que je conseille sincèrement à tous ceux qui font des études de langues. Vous noterez des progrès au fil du temps.

Cette fois j’ai eu même la possibilité de faire une petite adaptation de l’anglais au français d’une petit scène extraite de la sitcom américaine Seinfeld. Ça a été beau chercher de rendre les répliques dans une français qui pouvait faire marrer le public.

Dans cette réplique par exemple, on ne savait pas comment rendre « all right, all right » car c’est tant anglais comme expression qu’on doutait sur la meilleure traduction en français. On a opté finalement pour changer un peu la phrase

Californication self-tape. L’accento americano

In questo viaggio nell’accento americano, passiamo da “Reese Witherspoon”, alla serie “Californication” con David Duchovny. In realtà questo è stato il mio primo vero tentativo, quindi precedente a quello di Reese pubblicato in precedenza.

Mi piace pubblicarlo così, senza ritocchi o altre correzioni, perché in questo modo si percepisce l’evoluzione in atto dall’accento britannico, sui cui mi stavo concentrando fino a quel momento, e l’americano. In svariati punti del self-tape, infatti, l’impostazione britannica mi attira ancora a sé come una calamita 😊.

Perché questo? Sicuramente perché rispecchia di più la mia natura, “un po’” rigida e poco rilassata. Il britannico, quindi, è sempre stato il mio fedele compagno.

Lavorare sull’accento americano però, per me, è come una seduta dallo psicologo 😀.

Come dicevo già nell’articolo su “Reese”, applicare la “self-confidence” americana è terapeutico sotto tutti gli aspetti.

Da un punto di vista prettamente fonetico, in questo self-tape vi sono molte delle caratteristiche dell’accento americano. Prima di tutto, i suoni americani sono articolati nella parte inferiore del tratto vocale, molto vicino al palato inferiore; quindi, sono suoni tendenzialmente più caldi e smussati perché si fermano nella parte centrale della bocca.

Partiamo da questa parlata più fluida, meno scattosa, a tratti masticata e strascicata. Le parole sono più legate l’una all’altra e questo è l’elemento che spesso ci complica la vita nella comprensione.

 Quante volte la mia vocal coach mi ripete di ammorbidire le consonanti perché le mie sono troppo scoppiettanti e si sentono solo loro! 😂 Ecco, mai come ora, anche quando canto determinati stili, penso a questo primo punto. Altra prova di quanto possa essere trasversale lo studio della lingua.                             

Un esempio di questa morbidezza è la famosa “flap T”, questa T che diventa quasi D, come in celebrity, city ecc. Ma anche la T ad inizio parola è più smorzata rispetto al britannico. Per non parlare delle T non pronunciate alla fine come per esempio “no matter how many time you get it worng”. Non solo la T di get diventa D ma la T di It scompare.

Un’articolazione molto bassa dei suoni permette tutto ciò. Ammetto che è ancora dura abbandonare nel canto la mia famosa T scoppiettante. Giuro che ci sto lavorando, I’m keeping on trying 😁.

Altra mia caratteristica peculiare, è una certa rigidità mandibolare che ho scoperto essere nemica dell’accento americano. Impossibile pronunciare a dovere la “colored R” americana o anche la L con la rigidità che mi portavo dietro fino a poco tempo fa… ok, ok… forse un po’ anche ora!!!!

Altra caratteristica dell’americano, e che ricorre molto in questo self-tape, è l’aspetto nasale dell’emissione del suono, che si sente molto in parole come “wrong” o “singing” ma anche già dal primo “Karen” o in “accident”. Il famoso tweng che i cantanti conoscono bene.

Altro elemento caratteristico dell’americano, e che mi sta aiutando molto nel canto, è la minore articolazione dei suoni rispetto all’italiano. Io articolo sempre molto, spesso troppo, e questo mi crea una particolare difficoltà nel cantare pezzi veloci. Perché gli americani riescono a correre mentre parlano? Tra le tante cose, è perché articolano meno rispetto a noi. Vi giuro che l’aver messo a fuoco quest’elemento, mi ha cambiato radicalmente il modo di cantare in inglese. I loooove studying english.

Se vogliamo riassumere il tutto con un motto: Relax, take it easy and believe in yourself!

Alla prossima!

Discorso Reese Witherspoon, l’accento americano.

Studio teatro in lingua già da qualche anno, in francese nello specifico. Ma non avevo mai collegato l’arte del recitare in lingua con lo studio del cosiddetto bilinguismo.

Quando, nella prima fase della pandemia, ho cominciato a seguire Codeswitching, il corso di Fabrizia Zorzenon per lo sviluppo del bilinguismo https://www.ricercareperimparare.com/code-switching-corso-di-inglese, ho cominciato a recitare script tratti da film e non, col fine di riprodurre l’accento britannico e americano ma anche e soprattutto per sviluppare quell’istinto tipico del madrelinguismo.

Si sono aperte quindi le porte di un mondo nuovo: usare qualcosa che amavo molto, come la recitazione, per sviluppare il tanto desiderato bilinguismo.

Questo piccolo speech è tratto dal discorso che Reese Witherspoon fece in occasione del premio Woman of the Year.

In questo piccolo monologo ci sono molte delle caratteristiche del popolo americano che poi si riflettono nel loro modo di essere e quindi di parlare: sicurezza, fiducia in se stessi, semplicità, calore e rilassatezza. L’accento come la lingua più in generale, sono il riflesso dell’identità culturale del suo popolo e per riprodurlo non ci si può esimere dallo studiare e riprodurre i gesti, la postura, gli atteggiamenti che poi influenzano il modo di parlare.

Per riprodurre la loro famosa “colored R” per esempio, si è spinti inevitabilmente ad assumere un atteggiamento più espansivo, più rilassato e più sicuro che porta ad un rilassamento del tratto vocale.

Anche il posizionamento palatale del suono è il risultato di una maggiore rilassatezza del tratto vocale rispetto all’accento britannico.

Ho anche scoperto che questi esercizi sono per me terapeutici. Ebbene sì, perché quando sono stressata e un po’ insicura, mi metto a lavorare sull’accento americano quindi a riprodurre il loro modo di essere e di fare, che invece è fatto di sicurezza e rilassatezza.

Si dice sempre che fare teatro è terapeutico! Beh, se poi ci aggiungiamo l’ingrediente linguistico-culturale, il gioco è fatto!

In tre minuti non ho solo fatto un esercizio di recitazione ma ho compiuto un piccolo passo verso il bilinguismo inteso anche e soprattutto come studio della cultura del popolo americano.